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martedì 11 dicembre 2012

Pelle glitterata ‘sta cippa. 30 giorni di buio.


Qualche anno fa, per il ponte dell’8 dicembre, visitai Berlino. Io, da brava italiana che dal 47° parallelo nord in su mette il piumino ovunque vada, venivo guardata con sospetto (disgusto, ndr) dai tedesconi che sfoggiavano cappottini con colli sciallati lunghi fino all’ombelico e giubbottini di pelle, e naturalmente a mia volta guardavo loro come se fossero l’anticristo, perché no, su, non venite a dirmi che si vestivano così perché avevano caldo. Hipster di merda.
Comunque. Nel film di oggi non siamo a Berlino. Siamo in Alaska. A Barrow, la città più a nord degli Stati Uniti. Capite anche voi che, fossi un’abitante locale, rimarrei perlomeno perplessa vedendo un gruppo di persone che se ne va in giro in giacchette e camicie da notte, mentre i miei concittadini si buttano direttamente sul corpo cuccioli di foca vivi.
Anche il fatto che le loro pupille siano grosse come se avessero fumato l’intera produzione annuale afghana di cannabis dà un po’ via che nascondano qualcosa di strano.
Perché qui siamo di fronte a dei vampiri. Oh, finalmente. I sangue blu dell’horror, con uno status superiore persino agli indigeni dell’Upper East Side, presenti nel nostro genere preferito sin dagli anni ’20, capaci di affascinare qualsiasi creatura col loro aspetto sofisticato.
Ecco, no. In “30 giorni di buio” non è proprio così. Brutti. Ma brutti che non gliela darei manco se fosse quella di un’altra. Niente occhi dorati e pelle diamantata che brilla al sole (sto parlando con te, Stephenie Meyer). E sono pure incazzatissimi. Perché i vampiri con cui abbiamo a che fare qui saltano sui tetti, corrono e azzannano che pare siano caduti in un calderone di gatorade da piccini. Come se non bastasse, la loro ferocia aumenta man mano che gli uomini imparano a nascondersi e, di conseguenza, la cena tarda ad arrivare.
Ma partiamo dalle basi. Come dicevo prima, siamo a Barrow, simpatica cittadina caratterizzata dal fatto che, una volta l’anno, il sole tramonta per ricomparire un mese dopo. I famosi 30 giorni di buio. Ora capite che un posto simile per un vampiro è l’equivalente di Cuba per un maschio medio. Soprattutto se a difendere tale posto, in qualità di capo delle forze dell’ordine, ci metti Josh Hartnett. Uno che come tratto principale della sua recitazione ha il fatto di muovere le ciglia. Davvero, ha le ciglia più espressive che io abbia mai visto. Josh, dolcezza, io capisco che madre natura ti abbia fatto questo dono per cui molte donne ucciderebbero, ma io non posso passare 113 minuti cullando nel retro cranio la domanda “Chissà se cospargendole di cipria riesco a ottenerle folte come lui?”.
Le ciglia di Hartnett in un intenso primo piano.
Anche perché questo film è un po’ un’occasione sprecata. Non che sia brutto, eh. C’è pure Ben Foster, da me ribattezzato “la versione nana e più brutta di Gosling”, che interpreta, come suo solito, quello scoppiato e violento, e che io ancora ricordo per la stellare cagata sul tappeto che ci regala in “Alpha dog”. E poi ci sono momenti di tensione davvero ben costruiti, tra effetti sonori, la luce sempre livida e questo buio che sembra eterno e da cui può saltar fuori qualsiasi cosa in ogni istante. C’è la scena in cui i vampiri mandano un’esca umana per le strade, per stanare gli abitanti dai loro nascondigli, e che è angosciante più di una spesa imprevista a fine mese. O il momento di caccia grossa, coi vampiri appena arrivati che colgono di sorpresa la popolazione e che fanno una mattanza che quella dei tonni a confronto sembra la sagra delle lumache di Ussita. Insomma, una grande idea di base rovinata dall’eccessiva lunghezza della pellicola – pure i vampiri, in teoria stremati dalla fame e quindi furiosi, si sono rotti il cazzo secondo me – e anche da personaggi e situazioni un tantino stereotipate (il burbero che salva il protagonista, il vecchio rincoglionito, la bambina non più bambina…).
Detto questo, un occhio potete pure darglielo. Se non altro per due importanti insegnamenti:

-       Meglio 30 giorni stipati in un sottotetto di 20 metri quadri con altre 5 persone e con la prospettiva di una tremenda morte, che 100 giorni in una casa enorme con piscina e altri 9 imbecilli e la prospettiva di un’ancor più tremenda morte cerebrale.
-       Non importa che tu sia leone, gazzella, umano o vampiro. La dieta fa schifo comunque.

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