Translate

lunedì 11 marzo 2013

La verità è che non ti piaci abbastanza. Tiny Furniture.

La prima volta che ho messo in bocca una sigaretta avevo 12 anni ed ero chiusa nel bagno di un’amica. Lei aveva appena rubato un paio di MS alla madre perché insomma, se lo facevano i nostri genitori era giusto che provassimo anche noi ecc. ecc.
Si, sto dicendo questo, mamme e papà: se i vostri figli fumano è colpa vostra.
Comunque sia, il primo impatto con la nicotina è stato negativo: una roba strana, disgustosa e incomprensibile. Incomprensibile nel senso che non vedevo proprio cosa ci trovassero di tanto entusiasmante i fumatori.
Tuttavia, altrettanto incomprensibilmente, con il passare del tempo ho iniziato anch’io ad appassionarmi alla cosa. Col risultato che adesso regalo la pagnotta quotidiana ai dipendenti della Malboro.

Ora, rileggete tutto questo preambolo e al posto di “nicotina” metteteci “Lena Dunham”. Avrete così un’idea di come questa maledetta sceneggiatrice/regista/attrice/factotum sia entrata nelle nostre vite.
Si, perché non prendiamoci in giro: la prima volta che la vedete completamente nuda e completamente in sovrappeso, che si contorce a scopo sessuale in una qualsiasi puntata di Girls, non potete non provare disgusto. Dai. Pochi cazzi: il femminismo è una bella cosa, ma grazie a Dio l’essere umano mira all’aspirazionalità.
Tuttavia, c’è qualcosa in quello che Lena scrive che ci spinge a darle una seconda e poi una terza chance. Con il risultato che alla fine ci ritroviamo con gli occhi lucidi a guardare in loop Jessa e Hannah nella vasca.

Perché succede questo è molto semplice: la Dunham siamo noi. E noi, nel 90% dei casi, ci detestiamo. Guardare le opere della Dunham è troppo simile al guardarsi in uno specchio. E quindi grazie, ma no, grazie.
Il discorso vale per Girls come per Tiny Furniture: lungometraggio del 2010, in cui ritroviamo non solo la Dunham (ché anche il complesso di Atlante è una tipica roba femminile) ma anche Jemima Kirke e Alex Karpovsky. Curiosità: madre&sorella di Aura sono in effetti madre&sorella della Duhnam. Una scelta che qui in Italia avrebbe dato origine a una sequela infinita di “Cagna! Cagna meledetta!”, e che in “Tiny Furniture” ci fa solo pensare che il talento piove sempre sul bagnato.

Esattamente come per Girls, nemmeno qui Lena mette in piedi una vera e propria trama: più che altro si limita a raccontarci di Aura, neolaureata twenty-something che, finito il college, torna a casa e cerca di capire cosa fare di sé. Quel momento insomma in cui, dal sospetto che la vita sia una merda, si passa alla conferma. Specie per una generazione destinata alla precarietà lavorativa/sentimentale/inserire qui un aggettivo a caso, ché tanto vanno bene tutti.
Vi siete depresse? Avete fatto male, perché la morale è: se la vostra vita è un disastro, tutto ciò che dovete fare è trasformarla in sceneggiatura.
Ci saranno sempre delle disperate come voi che pagheranno per applaudirvi.


Nessun commento:

Posta un commento