Translate

martedì 16 aprile 2013

Kiss, kiss Molly’s lips. Uptown Girls.

Tanto per iniziare bene, vi butto lì tre-quattro ragioni per cui questa “commedia” ridurrà il vostro bel faccino a un ammasso informe di lacrime, occhi gonfi e naso da Rudolf La Renna:
- Brittany Murphy qui era giovane, bellissima e ora è morta;
- Dakota Fanning ora è il sex symbol della comunità indie, ma voi siete così vecchi da ricordarvela com’era in questo film;
- nella storia – e nel nome - di Molly non potrete non cogliere riferimenti a Frances Bean Cobain e al suo defunto padre (e se non li cogliete, tranquilli: tornate pure ad ascoltare Gigi D’Alessio, qui per voi non c’è niente da vedere);
- bramerete disperatamente la casa di Molly – che trasuda “Live through this” in ogni cm quadro – ma non potrete mai permettervela. 

Ora che ho messo le mani avanti, facciamo un passo indietro.
“Uptown Girls” è molto più di una canzone dei Westlife (e non fate quelle facce: lo so, che la conoscete anche voi). È una piccola, strana e pressoché sconosciuta perla nell’oceano del chick flick. Con una colonna sonora di tutto rispetto, tra l’altro. In sintesi, è il film che potrebbe girare Sofia Coppola se non fosse una figlia di papà che non ha alcun bisogno di girare film commerciali. Pretenziosa figlia d’arte che non è altro. La amo poi la odio poi la apprezzo.
Ma torniamo a noi: Brittany Murphy. Probabilmente i più la ricordano solo per “Ragazze a Beverly Hills”. Ovvero così:


Ecco, questa sfortunata e bravissima attrice merita di essere commemorata meglio. Perciò guardatevi “Uptown Girls” e preparatevi ad ammirare il Before-After più riuscito della storia.


Qui Brittany ci racconta la storia di Molly, ricca erede di rockstar tragicamente scomparsa. La sua vita si divide bellamente tra feste, amori disgraziati e dolce far niente, finché una truffa le fa perdere tutto: casa, soldi e persino le chitarre del padre. Così per sopravvivere Molly si ritrova a dover fare una cosa orribile: lavorare. Nello specifico, lavorare come baby sitter di Dakota Fanning. 

E qui vorrei sottolineare che in questo film Dakota Fanning era ancora in età da baby sitter. Era il 2003. Dieci anni fa. E voi eravate già adulti. Piangete con me.
E niente, come prevedibile lo scontro con la dura realtà farà maturare la nostra protagonista, che in Dakota rivedrà se stessa e la famiglia che non ha mai avuto ecc. ecc.
La trama certo non brilla per originalità, ma è messa giù in modo così – dio mi perdoni per il termine che sto per usare – cute, da risultare adorabile.
Sempre che siate cresciute ascoltando le Hole e sognando di essere Lux Lisbon, ovvio.

Nessun commento:

Posta un commento